è una storia sbagliata

Viviamo in una casa su due piani, sopra un’ampia stanza mansardata, arredata da diversi bauli dove conserviamo vestiti e oggetti in disuso. Più in là, l’uscio di casa si apre sulla via Bardonecchia, a 500 metri la chiesa che frequentano i miei. La nostra casa s’arrampica sulla montagna: al piano terreno le camere da letto e il soggiorno, con l’uscita per la via  di sotto.

È sera, dobbiamo andare a dormire. Ho litigato con i miei fratelli… per meglio dire: i miei fratelli hanno litigato con me. Devo, voglio raccontarlo a mamma e babbo e non mi stanno a sentire. Lui spegne le luci e chiude le persiane; mamma si dispera per spedirci a dormire… poi rimbocca le coperte a Sandro e Roberto. Io non mi spoglio, salgo in mansarda, rovisto nel baule alla ricerca del gioco che porterò con me. Rovescio tutto per terra cercando il loro disturbo perché s’accorgano che non ho alcuna intenzione di andare a letto. Mi sto preparando per andarmene di casa, offesa dalla loro disattenzione.
Salgono anche loro e indossano i cappotti. Babbo infila le chiavi in tasca; l’ultima premura di mamma la spinge sui gradini di pietra della scala a chiocciola: Sandro e Roberto dormono. Fra dieci minuti inizia la funzione in chiesa. Afferra la borsa ed escono. Perché non si preoccupano che io non sono a dormire?

Non volevo davvero andar via di casa. Chiamavo la loro preoccupazione, attenzione, ascolto. Nulla: sono usciti! Ora non posso restare. Torneranno e s’accorgeranno che non sono più in casa. Daranno l’allarme e si preoccuperanno.
Non ho la minima idea su dove andare. Camminerò fin dove la via mi porta. Forse farò brutti incontri e ho paura, da sola, la notte. Dovrò trascorrere molte notti fuori da sola. Tanto vale farmi coraggio subito. Cerco fra le scarpe quali indossare e opto per un paio da ginnastica. Camminerò molto, meglio scarpe comode.

Babbo e mamma stanno già rientrando dalla chiesa. Noteranno che sono ancora sveglia, che sto per uscire. Probabilmente babbo s’arrabbierà e mi sgriderà. Lei mi chiederà: perché? cosa è successo? Finalmente m’ascolterà. Poi certamente sminuirà tutto, come se non fosse accaduto nulla e cercherà di convincermi ad andare a dormire. Non importa. Tanto non mi fermano stavolta. Io me ne vado.

Appendono i cappotti, scendono per andare a dormire. Non si sono accorti che io sono qui, col giubbotto, sto cercando le scarpe? Pochi minuti… sotto solo silenzio. Sono andati a dormire e nemmeno una parola!
Me ne vado. Che ci sto a fare qui? Infilo una scarpa e sto infilando la seconda, la destra. Si apre l’uscio di casa e nel buio intravedo l’ombra di una donna.
È mamma: ha fatto il giro da fuori per risalire al piano di sopra. Mi ha visto ancora sveglia, nonostante sia mezzanotte. Sandro e Roberto dormono dalle nove e trenta, prima che loro uscissero. Io ancora qui. Si è accorta che stavo fuggendo. È tornata. Ora dirà che non è successo nulla, di andare a dormire e non pensarci più.

Mamma nel buio si avvicina.
Cristo!…  Non è mamma! È un’altra donna, forse un uomo travestito… Mi blocca con un braccio intorno al collo e mi tappa la bocca. Mi trascina via. Sotto tutti dormono. Io non posso urlare, ho la bocca tappata…

Mi sveglio!

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