La pulce e il bue

Mentre attendiamo di conoscere le favole che parteciperanno al 1° Concorso Letterario Indipendente, leggiamone qualcuna famosa.

La prima che vi propongo è del più grande e antico scrittore di favole che sono giunte fino a noi. Esopo era una scrittore greco (perché tutto comincia dai Greci – direbbe un nostro “maestro”) che visse nel IV secolo a.C. Le sue favole sono molto famose ancora oggi e qualcuno mette persino in dubbio che siano potute essere state tutte scritte da un unico scrittore.

Della sua vita, invece, si conosce pochissimo. Solo alcuni episodi riferiti in opere di scrittori di epoche successive. Ciò ha alimentato molte ipotesi e dubbi sulle sue origini e persino sulla reale esistenza.

Comunque sia, Esopo è considerato il padre della favola come forma letteraria scritta. I suoi componimenti sono solitamente molto brevi e hanno come soggetto animali personificati. Lo scopo è sempre quello di comunicare una morale a fine educativo. Alcuni sono talmente famosi che, col tempo, hanno assunto la forma di vere e propri proverbi.

Quella che oggi vi propongo si intitola: La pulce e il bue

Quel giorno una piccola pulce sembrava meno vivace del solito. Le sue minuscole alette non avevano voglia di scuotersi e le zampettine che normalmente la portavano a saltellare avanti e indietro, erano pressoché immobili. Era una pulce graziosa e nervosetta, anche se quel mattino la noia pare va essersi impossessata di lei. Per vivacizzare le sue ore decise di andare a trovare il bue della fattoria. Il grande animale pascolava quieto nelle verdeggianti distese erbose che circondavano le stalle, scuotendo di tanto in tanto la sua lunga coda sotto i caldi raggi del sole.

Con agili piroette l’animaletto andò a posarsi davanti a lui. “Salve ” Strillò con un vocino acuto. “Oh, buongiorno”. Rispose gentilmente il bue avvicinando il suo grosso muso al minuscolo corpicino dell’insetto. “Sai”, disse la piccolina “avevo voglia di chiacchierare con qualcuno”
“Bene, e di cosa vogliamo parlare?” Chiese il bue. “Non so…, raccontami un po’ del tuo lavoro “

“Io lavoro per l’uomo e svolgo duri compiti. Il mio padrone é un contadino e per lui tiro l’aratro, obbedendo a ogni suo ordine”. Spiegò il bue. “Che buffo!” Squittì la piccola pulce “Io invece non prendo ordini da nessuno e mi riposo quando ne ho voglia. L’unica cosa a cui devo fare attenzione è di non essere schiacciata dalle manacce di qualcuno. Ma tu cosa ne ricavi da tanta fatica?” Il bue, con un moto di commozione nella voce, mormorò: “Ecco vedi, quelle mani di cui tu hai paura, si trasformano per me in tenere carezze”. Mentre parlava alcune lacrime di gioia gli scivolarono lungo il muso. “L’uomo apprezza il lavoro che svolgo per lui e mi ripaga con tanto affetto.” La pulce, stupita dal pianto del suo amico, si allontanò piano ripensando a quanto udito. Chissà, forse quell’affetto di cui il bue parlava con tanta commozione era veramente un bel premio.

(Esopo)

A lato Esopo da Diego Velázquez, conservato nel Museo del Prado di Madrid.

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