I cani nell’arte

Cani e arte: una grande amore e una grande passione! Così, ispirata dalla mostra “Cani in posa”, presente fino al 10 febbraio alla Reggia di Venaria (TO), ho approfondito il tema della raffigurazione del cane nell’arte.

Il miglior amico dell’uomo fa la sua comparsa fin dalle rappresentazioni rupestri preistoriche e rimane presente nella pittura, nella scultura, in vasi e mosaici delle civiltà mesopotamiche, egizia, greca e romana. Il Dio egizio Anubi era raffigurato come un cane snello dal manto nero e aveva dei compiti ben precisi: era un guardiano fedele delle tombe e del sonno dei defunti, presiedeva ai riti dell’imbalsamazione ed era anche il dispensatore della buona sorte dei vivi.

Inevitabilmente, la rappresentazione dei cani non può essere separata dalla simbologia delle caratteristiche che lo hanno da sempre legato alla società umana. Così, decaduta la sua sostanza divina, presso i greci e i romani viene comunque spesso rappresentato a fianco degli dei e degli eroi, assumendo un ruolo di custode e protettore. In seguito, nell’arte cristiana e bizantina, diventa un elemento di allerta e pericolo e viene affiancato anche ad alcuni Santi. È necessario attendere il medioevo per vederlo nuovamente rappresentato in scene di caccia, un ruolo, quello del cane da caccia, che mantenne anche nell’arte dei secoli successivi. Segugi, mastini, ma soprattutto levrieri saranno le razze maggiormente immortalate.

Tra il 1400 e il 1700, vari artisti si sono avvicendati nelle corti europee, omaggiando con i loro ritratti i governanti di turno. Ricordiamo Jan van Eyck, Antoon Van Dick, Jan Brueghel il Vecchio, George Stubbs, Jacobo Bassani, Diego Velazques, Michelangelo Pace, il cui “Cane levriero con Ariccia” è l’immagine della mostra di Venaria. Anche Caravaggio non disdegnò di inserire cani in affreschi di carattere religioso.

Le opere di questi artisti si dividono tra rappresentazioni di caccia en plein air e rappresentazioni di interni, delle corti, dove il cane viene ritratto insieme al padrone, nella celebrazione delle eroiche gesta della caccia, o assume il ruolo di animale da compagnia. Accanto ad animali di grosse dimensioni, compaiono quindi anche bestiole di dimensioni più contenute, spesso tenute in braccio dalle loro padrone.

Da animale da compagnia a simbolo di fedeltà. Il famosissimo quadro di Tiziano, che riprende La Venere dormiente di Giorgione, ci introduce in una stanza, dove, nel letto in cui giace la Venere, riposa un cane. La presenza del cane sta a rappresentare la fedeltà, quella che la donna porterà al marito, secondo una prassi spesso praticata nei ritratti di coniugi, come già aveva fatto Jan van Eyck con il ritratto dei coniugi Arnolfini.

Anche in scultura i cani vengono rappresentati soprattutto in gruppi classicisti come il Ratto di Porserpina del Bernini (1622) e la Fontana di Diana e Atteone alla Reggia di Caserta di Paolo Persico e Tommaso Solari (1769). Canova ci ha invece lasciato il suo Endimione dormiente, presente alla Reggia di Venaria.

Nei secoli fra l’Ottocento ed il Novecento i cani nell’arte iniziano a seguire le differenti correnti artistiche, lasciandosi trascinare dalle idee e ideologie di cui si fanno portatori. Faranno dunque parte delle inquietudini dell’uomo. Esempio di questa inquietudine è il quadro di Francisco Goya, in cui l’accanimento della natura su di un essere innocente ed indifeso come un piccolo cane rappresenta la sofferenza come ineluttabile legge naturale. Altro esempio è Il venditore di fiammiferi del 1921, in cui Otto Dix sbeffeggia un povero mutilato di guerra, usando un bassotto che quasi sghignazzante gli fa la pipì addosso.

Ma se il quadro di Goya è angosciante e quello di Dix è provocatorio, altre rappresentazioni simboliche sono molto più divertenti come nella serie dei Cani che giocano a poker di Cassius Marcellus Coolidge

Da animale da compagnia a simbolo di fedeltà, a simbolo di amicizia: non ha più un compito, un lavoro da svolgere, ma diventa un compagno, un amico in un rapporto disinteressato. Ne sono esempi i quadri di Seurat e Gauguin, con spensierate scene di passeggiate all’aperto o il tenero quadro di Zandomeneghi, pittore impressionista italiano o quello di Picasso. Senza dimenticare quegli artisti che con il loro amico a quattro zampe si sono auto-ritratti, Frida Kahlo, Rembrandt e Antonio Ligabue. Accompagnato dal suo cane da caccia nel suo Autoritratto con il cane del 1957, Ligabue si dipinge afflosciato nelle vesti così come l’animale lo è nella sua pelle rugosa: l’espressione simpatica e strana è la stessa, così come le rughe e le solcature. Di Ligabue alla mostra di Venaria sono presenti diversi quadri a che alcune statuette sempre raffiguranti cani.

C’è stato poi chi come Giacomo Balla ha fatto della rappresentazione del cane uno studio scientifico, legato alle proprie teorie del dinamismo. Nella tela custodita alla Albright Knox Art Gallery di Buffalo del 1912, Dinamismo di un cane al guinzaglio, è interessante notare la sequenza continua che si crea nel trascinamento del lungo pelo del cagnolino, quasi come se in un andirivieni delle zampette, il movimento non avesse mai fine.

Molto più poetica è la raffigurazione di Franz Marc, pittore che amava ritrarre gli animali nelle loro sfaccettature psicologiche e caratteriali. Fra tutti, di grande tenerezza è Il cane bianco del 1912 che, preso di spalle, è intento ad ammirare e a scoprire il mondo. È interessante il contrasto tra i colori variopinti dell’ambiente sullo sfondo ed il candore del cane, innocente nella sua ingenuità: nonostante sia girato, è possibile notare l’espressione di incertezza dell’animale, che, accovacciato sul suo sedere, contempla l’inizio della sua avventura.

Anche Renato Guttuso dipinge il medesimo soggetto di Marc, ma il cane di Guttuso è un cane stanco, stremato, che si regge a malapena sulle sue gambe, magro sino all’inverosimile e probabilmente in procinto di morire. E per quanto non sia possibile guardare i suoi occhi e la sua espressione, quella profonda campitura blu scura sul volto preannuncia un dolore provato da molti anni.

L’arte moderna, si sa, si esprime in modi diversi e con tecniche diverse: ed ecco che un cane randagio può essere rappresentato come fa Armando Testa, con un’immagine che non è neanche minimamente organica, oppure come fa Henrique van Putten con morbide statue di stoffa. D’altra parte, si può anche ingigantire un cucciolo di terrier, facendone un’installazione a guardia del Guggenheim Museum di Bilbao. Puppy, creato da Jeff Koons, è una gigantesca struttura, composta da un’anima di acciaio sulla quale sono poste una miriadi di piante colorate, tra le quali spiccano begonie e petunie: un enorme giardino verticale.

Molti artisti contemporanei continuano a raffigurare i propri amici a quattro zampe e molti ancora prediligono il levriero come soggetto, anche se ormai per fortuna in ambientazioni ben diverse da quella della caccia. Lucian Freud, morto nel 2011, nipote di quel Sigmund, rappresentò spesso oltre ai suoi familiari anche Pluto, il suo levriero, in simbiosi con le persone.

Neanche io ho potuto farne a meno e oltre ad un autoritratto con levriero, ho dipinto Stargate, in cui la mia galga Linda, ormai libera dalle torture della caccia (perché a tutt’oggi i levrieri sono sfruttati fino alla morte) si appresta a seguire la sua giovane padrona (mia figlia) verso un Nuovo Mondo, una Terra “al contrario”, in cui lo sfruttamento in nome del Dio Denaro sia ribaltato per una convivenza egualitaria. Utopia? Ma almeno fatemela dipingere.

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