4 febbraio 1984

Solitamente in sala parto le luci sono soffuse e la musica (generalmente classica) è a basso volume. Si cerca di creare un ambiente molto tranquillo perché almeno la prima impressione, di quando veniamo al mondo, sia la serenità. Avremo tutta una vita per renderci conto che quel clima ovattato della vita prenatale, non lo vivremo mai più.

La notte del 4 febbraio 1984, alla Clinica Universitaria sant’Anna di Torino, la sala travaglio più intima a disposizione fu il corridoio del 2° piano (non c’era un posto letto libero) e in sala parto le luci al neon rischiaravano a giorno mentre la radio a tutto volume trasmetteva musica leggera.

Così è nata Helen Esther. Esther vuol dire stella. Io e suo padre la definimmo subito principessa. Io mi ricordo le 4.03, ma le carte mi danno torto e dicono che fossero le 4,27.

Non so se fu il suo primo impatto col mondo a creare quel gran casino che è sempre stata. Imparò a correre prima di camminare e a 9 mesi si frantumò la clavicola cadendo dalla libreria su cui si era arrampicata scambiandola per una scala a pioli. Non so se fu il suo primo impatto col mondo a infonderle quella fretta di vivere che ha sempre avuto. Non so se fu il suo primo impatto con la vita a suggerirle che avrebbe dovuto andare sempre contro, finché le lasciano la voce. Ma vorrei sapere chi è stato a suggerirle che il contro ero proprio io.

So che oggi ha 23 anni ed io ne sono orgogliosa, anche se non gliel’ho detto mai.

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